22- INGRANAGGI MENTALI

Bussarono alla porta.

Il volto paffutello di una ragazzina in divisa si affacciò timidamente per avvisare Pottutto che c’era una telefonata per lui.

«Per me?»

«Per lei!»

«Dica che sono impegnato!»

«È urgente!»

«Chi sarà mai?» rifletté imbarazzato. «Deve essere mia moglie. Stamani è stata a parlare con i professori di nostro figlio… Tutte le volte è una tragedia!» aggiunse con ghigno crepuscolare.

«Non è sua moglie!».

Il pubblico ministero lisciò il baffo con la penna. «Sarà mica la pizzeria… magari hanno visto le luci accese?»

«Non è la pizzeria, dottore!»

«Manganello, ha pagato la tintoria?»

«È il dottor Persecuzio» tuonò la novellina.

La segretaria smise di battere a macchina.

Manganello scivolò sulla sedia fino a nascondersi sotto il tavolo.

Avrei giurato che la sfinge sulla porta avesse chiuso gli occhi.

O forse fu solo una mia impressione.

Il magistrato oscillò tremolante. Sbiancò, avvampò, sbiancò ancora per assestarsi su un livido cadaverico.

«Persecuzio?» chiese terrorizzato. Per non cadere afferrò il riporto del maresciallo. Ma i capelli erano unti e gli sgusciarono di mano.

«Il procuratore capo!» la giovane ribadì.

«Manganello, risponde lei per favore?»

«E che gli dico?»

«Non so. Come s’inventa le prove, s’inventi una scusa!»

«Non mi faccia questo!» supplicò il maresciallo.

«Vuole che ci parli io?» proposi.

«Lo farebbe per me?»

«Per gli amici questo e altro!».

Alla fine, Pottutto si arrese al destino: «Va bene, me lo passi!» proferì.

Attendemmo in apnea che trillasse il vecchio telefono Sip color grigio topo poggiato sulla cassettiera alle spalle dei miei inquisitori.

«Pronto, chi parla?» farfugliò Pottutto. «Buongiorno, dottor Persecuzio… Certo che sapevo che era lei, dottor Persecuzio… Perché allora ho chiesto chi parla? Non saprei dottor Persecuzio. Per abitudine, forse?… No dottor Persecuzio, non faccio il cretino! A proposito dottor Persecuzio, volevo complimentarmi perché la foto sul giornale le risalta il profilo egizio!… No, dottor Persecuzio, non faccio neanche il leccaculo!… Immaginavo volesse parlarmi dottor Persecuzio… L’interrogatorio? Abbiamo cominciato giustappunto a conoscerci, dottor Persecuzio. L’indagato è affabile e collaborativo e sta spiegando con dovizia cos’è l’anarchia… Come dottor Persecuzio? Non gliene frega di sapere cos’è l’anarchia e vuole solo i nomi per la stampa?». Pottutto coprì la cornetta e a me: «Dice che vuole solo i nomi per la stampa!»

«Quali nomi?» replicai di labiale.

«Sicuramente, dottor Persecuzio. Le prometto che l’indagato non ne tralascerà uno!». E a me: «Mi informa che vi impiccherebbe tutti voi anarchici!». Quasi a giustificarsi: «Non si preoccupi, gli piace esagerare!». Tornò ad ascoltare il procuratore capo e poi coprì di nuovo la cornetta: «Sostiene che a quest’ora col dottor Comma avrebbe già confessato!».

Lo rassicurai negando con un gesto della testa.

«Le prometto dottor Persecuzio che parlerà così tanto che alla fine dovrà fare i fumenti perché gli torni la voce!… Allora ci sentiamo più tardi, dottor Persecuzio… Buona serata. Saluti la signora. È ancora in ufficio? Allora saluti la segretaria. Grazie della telefonata. A presto e buon lavoro. Buon inizio e buon principio. Ad meliora et at maiora semper… Ha buttato giù!» Il magistrato fissò il vuoto. «Gli sarà piaciuta la citazione latina?». I suoi occhi spauriti scivolarono dal faccione del maresciallo, alla scrivania, a me. Si morse il labbro.

«È stato bravo»!» lo rassicurai.

«Dice?»

«Molto determinato e conciso. Adesso però possiamo proseguire l’interrogatorio?».

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Per recuperare la sua attenzione riassunsi su un foglio alcune parole chiave della socialità anarchica:

             Liberarsi dagli ingranaggi mentali

                                                                   ↓

        Coscienza di sé → Padrone di se stesso

                                    ↓

                                                       Autonomia = libertà-eguaglianza

 

Sintetizzai: «Affinché gli uomini manifestinola propria personalità in maniera libera ed eguale, occorre che siano coscienti di sé, ovverosia neghino i condizionamenti esterni e vivano seguendo la propria natura. Emancipati così dagli ingranaggi mentali, diventano padroni di se stessi, quindi capaci di determinarsi senza assoggettamenti. Che non significa fare quello che pare, poiché il mero perseguimento dei desideri e piaceri è un ciclo senza fine che porta a sofferenza, bensì fondersi nell’unità del mondo».

Pottutto e Manganello si fissarono come se il peggio dovesse ancora venire.

«In un articolo spiego tale evoluzione con le parole di Stirner. Sarà pure delirante, egoista ed esaltato come sostengono i suoi detrattori, ma usa immagini così ficcanti, paradossi, bizzarrie ed è così al confine fra genio e follia che ogni volta che lo leggo mi illumino d’immenso!» scomodai Ungaretti1. «Il suo pensiero, infatti, coglie in pieno la necessità che la volontà si emancipi dalla contingenza per sprigionare tutta la sua potenza. Nietzsche non ammetterà mai di essersi ispirato a lui, ma senza l’Unico, il Superuomo sarebbe stato più uomo che super!»

«Sta dicendo che lo ha plagiato?»

«Lascio a voi giudicare!»

«Signorina Servile, terminato l’interrogatorio prepari subito un bell’avviso di garanzia nei confronti di questo falsificatore da strapazzo!» paupulò Pottutto.

«Ben fatto!» seguì Manganello.

«Il filosofo…» ripresi.

«Chi, quel Shiller?» domandò il PM.

«Si chiama Stirner» precisai. «Anche se I Masnadieri sono una bella botta di ribellione!2». Proseguii: «Il filosofo parte dal presupposto che l’individuo non sia l’io è tutto idealizzato da Fichte, né l’io del popolo che è una potenza impersonale, spirituale, è la legge quindi uno spettro, non un io, né quello regolamentato dallo Stato in quanto esso non è pensabile senza il dominio e la schiavitù, tantomeno quello contemplato dalla religione per cui la persona viene soggiogata dalla promessa del bene sommo e non presta più attenzione ai propri desideri, o l’homo oeconomicus, poiché nell’avere, ossia negli averi, gli uomini sono diseguali…»

«Non è che ci rimanga granché!» rilevò Manganello.

«Per Stirner, infatti, idealismo, società, Stato, religione, capitale sono forme di autorità che includono sempre la prospettiva di un nuovo dominio e realizzano schiavitù, servitù, rinnegamento di sé. Occorre pertanto che l’Unico si ribelli e non sia più schiavo di Dio o della legge ma diventi padrone di sé, cioè individuo capace di determinarsi secondo la propria volontà senza subire le pressioni, le suggestioni, i fantasmi che da sempre la soggiogano. Solo quando il mondo sarà nostro, il suo potere non sarà più contro di noi ma con noi, afferma3».

«Lo diceva anche mia nonna che bisogna essere se stessi!» squittì il maresciallo.

«Le nonne sono sempre molto sagge!» convenni.

«L’urgenza di diventare padroni di se stessi è un concetto trasversale all’anarchia. Kropotkin, ad esempio, pur avendo una concezione del mondo, della società, dell’anarchia stessa completamente opposta dall’individualista, sostiene a sua volta che il capitalismo, la religione, la giustizia, il governo sono grandi cause di depravazione. Lo afferma per dimostrare la potenza del mutuo appoggio, ma la sostanza non varia: noi non chiediamo che una cosa, ovverosia eliminare tutto ciò che nella società umana impedisce il libero sviluppo, cioè tutto ciò che falsa il nostro giudizio: lo Stato, la Chiesa, lo sfruttamento; il giudice, il prete, il governo, lo sfruttatore, poiché in una società basata sullo sfruttamento e la servitù, la natura umana si degrada4».

Feci un’altra pausa perché la loro espressione da perioftalmo mi inquietava.

«Ho citato questi due filosofi così diversi ma così eguali perché entrambi parlano degli ingranaggi mentali da cui dobbiamo affrancarci per essere padroni di noi stessi: religione, società, Stato, capitale». Guardai il pubblico ministero: «Adesso li vediamo uno alla volta.»

«Non basta citarli?» chiese.

«Dottore, mi dia un po’ di soddisfazione!».

 

NOTE

– 1 Mi illumino d’immenso è una poesia di Giuseppe Ungaretti, 1888, 1970.

– 2 I Masnadieri sono un’opera che critica le convenzioni sociali e l’autorità del poeta tedesco Friedrich Shiller 1759-1805.

– 3 Max Stirner, L’Unico e la sua proprietà, 1844.

– 4 Peter Kropotkin, La morale anarchica, 1890.

IN foto: Andre Martin De Barros, EArotic Illusion, 2009

Editing a cura di Costanza Ghezzi