3- Underground anarchico

«Non le dispiacerà quindi se tralascio la lettura delle accuse. Sono due pagine!». Pottutto scartabellò i fogli poi ebbe un ripensamento: «Non è curioso? Neanche un pochino? Non le interessa sapere che si va dall’associazione sovversiva, al terrorismo, al disfattismo politico…?»

«Pure il disfattismo?» lo interruppi. «Siamo mica in guerra!»

«La vita è una guerra!» sghignazzò il pubblico ministero.

«A proposito…» dissi.

«Prego!». Mi guardò da sopra gli occhiali.

«Non dovrebbe essere presente il mio avvocato?».

Pottutto oscillò la testa. «Dovrebbe?» chiese a Manganello.

«In teoria…» questi esitò.

«Verbalizzeremo come sommarie informazioni. Sarà una cosa informale. Fra amici, diciamo. Le piace così?».

Strappò coi denti il filtro della sigaretta e lo sputò facendo canestro nel cestino. La passò sulle labbra, la accese. Lesse a voce bassa qualche frase dal primo foglio: «Mi risulta che a dicembre del 2022 lei abbia aperto un blog dal nome di Underground Anarchico». Esibì una foto della home page. «Conferma?»

«Confermo.»

«Splendido!» assentì compiaciuto. «Carina la grafica!». Mostrò il logo al commissario. «L’ha fatta lei?»

«No.»

«Sa che mio figlio studia grafica? È anche bravino! Pure onesto sul prezzo! Se le servisse per le prossime volte… Perché questo nome?»

«Underground Anarchico?». Sollevai le spalle: «Mi sono ispirato al film di Kusturica.»

«Kusturica, certo!»

«Kusturica come Costanzo?». La segretaria chiese senza voltarsi.

«Kusturica come il regista del film Underground1» precisai. «Con la K all’inizio e la C finale.»

«Kusturizac?»

«Prima della A. E senza la Z.»

«Kusturicac?»

«Mi affascinava la storia di un gruppo di persone che vive per anni un’esistenza parallela a quella reale, ignorando la guerra, il regime di Tito, quanto accade fuori. Mi sembrava rappresentasse in maniera efficace, seppur surreale, quell’idea di esistenza alternativa a cui ho accennato nel blog. Perché vede…»

«Okay, okay!». Il pubblico ministero mi interruppe. «Il film le è piaciuto. Ma non credo la recensione sia rilevante ai fini delle indagini». Lasciò i fogli e appoggiò la schiena alla poltrona. «E perché la bandiera nera?»

«Perché è la bandiera degli anarchici. Si dice che venne sventolata per la prima volta da Louise Michel nel 1883 durante una manifestazione di senza lavoro

«Sembra il Jolly Roger dei pirati!»

«Forse perché siamo tutti un po’ pirati un po’ signori!2»

«Si è dimenticato il teschio, pero!»

«Un vezzo di originalità!» ironizzai.

«E perché l’aggettivo anarchico?»

«Perché parlo di anarchia, coglione?» avrei voluto rispondere. Invece: «L’ho trovato poetico!»

«Mi spieghi in che senso anarchico sarebbe un aggettivo poetico, perché non vedo poesia nel fatto che sia qui!»

Su questo niente da obiettare.

«E non vedo poesia neppure se quattro imbecilli imbrattano i muri di una strada o se dei giovani incappucciati sfasciano delle vetrine. Non le pare?». Con lo sguardo cercò l’approvazione di Manganello.

«Per non parlare della musica anarco-punk? Quella sì che…!». Il commissario ci sorprese.

«Anarco-punk?» chiese Pottutto come se non avesse capito bene.

«Clash, Sex Pistols, Crass, i Chumbawamba!»

«Mi spieghi quindi perché si definisce anarchico». Il pubblico ministero tornò a me.

«Lo spiego?»

«Spieghi, spieghi!».

Passai la mano sulla bocca. Milioni di parole, sensazioni, immagini, esperienze mi inondarono la testa. Non era facile sintetizzare. Perché l’anarchia era in me da sempre come io ero per lei. Era i miei pensieri, le mie azioni, le mie aspirazioni. Anarchica era la mia concezione della vita, la propensione con cui mi relazionavo con gli altri, il talento grazie al quale mi determinavo. Era un’idea meravigliosa diventata filosofia di vita. Una filosofia morale, come direbbero Kropotkin e Malatesta, che pulsava nelle vene e batteva, sussultava, martellava incessante.

«Signor Dopraho?» il PM mi riportò nella stanza degli interrogatori.

Recuperai una posizione che mi desse solennità e chiesi se aveva letto il mio blog: «Dopo tutto, sono qui per questo, no?»

«No!». Il pubblico ministero d’impulso. «Cioè sì, è qui per questo!» si corresse. «Quanto al blog, ho letto qualche stralcio». Tossicchiò nervosamente. «Ma è stato più che sufficiente, mi creda!»

«Allora vi avrà trovato la risposta alla domanda» proferii serafico.

«Nel blog?»

«Se l’ha letto!»

«Giusto!» ansimò. «Solo che cercarla adesso… saranno cento, duecento, trecento pagine!» Indicò la pila di fogli legati da un elastico che troneggiava sul tavolo.

«Le trova proprio all’inizio. Cerchi pure… Leggiamo insieme?»

«In coro? Non starà scherzando?»

«La vita è tutto uno scherzo di cui non siamo altro che gli inconsapevoli protagonisti!» Cominciavo a divertirmi. 

Per un attimo, temetti che quell’improvvisa arterite alla tempia destra sarebbe esplosa. Per questo, quando la sua mano arrancò sulla scrivania in cerca della pallina di pongo, la spinsi verso di lui.

Impastare per qualche secondo lo calmò. Tolse e: «Quale articolo devo cercare?» chiese. «Oh, aveva ragione. È proprio all’inizio!».

 

Note

*1 Underground, film di Emir Kusturica, 1995.

*2 Julio Iglesias, Sono un pirata ed un signore, 1978.

Immagine: Caravaggio, Incredulità.

Editing a cura di Costanza Ghezzi, Thàlia Servizi Editoriali, www.costanzaghezzi.com, costanzaghezzi@gmail.com