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36 – LA RIBELLIONE È ETICA

«Io e Manganello facciamo un salto alla macchinetta» disse Pottutto.

«Oh, grazie!» esclamò il maresciallo.

«La invito solo perché ha la chiavetta!» replicò il pubblico ministero risoluto. Poi sorridendo: «Scherzavo!». Gli batté una pacca sulla spalla e: «Andiamo!».

Dopo pochi minuti, rientrarono confabulando vivacemente sul culo di una praticante avvocata incontrata nei corridoi.

«Signorina Servile scriva pure che alle 18 e 10 ricomincia l’interrogatorio… Vogliamo ripartire col botto facendo un altro nome?». Pottutto a me.

«Non sia ingordo!» dissi. «E va bene, glielo farò: Prometeo.»

«Scriva Manganello, scriva!» si rivolse al suo fido scudiero. «E chi sarebbe questo Prometeo un bombarolo, un haker…? Dica dica!»

«È un mito!»

«Sentito Manganello, è un pezzo grosso!»

«Intendo il mito di Prometeo. Conoscete? Neanche avete visto il film di Ridley Scott?1 Peccato, i titoli di coda non sono male!» dissi. «Prometeo era un titano talmente amico degli uomini, che a volte per loro faceva delle sciocchezze appunto… titaniche!». Risi. «Come quando rubò ad Atena lo scrigno in cui erano riposte l’intelligenza e la memoria per donarle agli umani. Oppure quella volta in cui durante un banchetto fra uomini e dei, servì i pezzi di carne più succulenti ai suoi amici umani lasciando gli ossi a Zeus. Questi si offese così tanto che per ripicca tolse il fuoco dalla terra. Prometeo allora entrò di notte nell’Olimpo e rubò una torcia. Ancora una volta il padre degli dei si infuriò, ma stavolta fu meno tollerante. Lo fece incatenare in vetta a un monte con un’aquila che gli mangiava il fegato in continuazione. La storia prosegue con Pandora che apre il famoso vaso da cui fuoriescono tutti i tormenti dell’uomo, Prometeo che viene liberato, uccide l’aquila e vissero tutti felici e contenti… Almeno fino alla prossima volta, perché coi miti greci non si sta mai tranquilli!»

«Mi sa che non ho mai visto questo film!» ribadì Pottutto. «Lei, maresciallo?»

«Io guardo solo Fox Crime!»

«Ma perché vi ho raccontato questa storia?» chiesi.

«Già perché?»

«Perché Prometeo, rubando il fuoco agli dei per donarlo al genere umano, si comporta da ribelle. Quindi io adesso parlerò…?»

«Parlerà?»

«Parlerò?»

«Parlerà?»

«Parlerò di ribellione, dottore!»

«Non fa una piega!» Pottutto si contrasse.

«Quando l’individuo prende coscienza di sé ha ormai rifiutato l’autorità religiosa, politica, morale, sociale, economica, eccetera. È libero. È puro e percepisce pienamente le proprie potenzialità. Vorrebbe gridare di gioia, condividerla col mondo. Ma intorno c’è schiavitù, pregiudizio, ignoranza, assuefazione… Malatesta deve aver pensato a questo momento quando ha scritto di aprire degli spacci in cui la cocaina fosse venduta a prezzo di costo o anche sottocosto!2»

«Drogati!». Manganello si eccitò.

«Era una battuta! E comunque Malatesta non era drogato. Semplicemente cent’anni fa aveva già capito che la repressione è sempre business!» dissi. «Dopo lo spaesamento, l’iniziato si interroga sui propri sentimenti, sul proprio coraggio, su come poter esercitare pienamente la propria autonomia. La consapevolezza cresce. Il calore travolge. Si irradia nella schiena, pizzica la nuca, colora le guance…»

«Senta Dopraho, del trip dell’anarchico non è che…!». Pottutto intervenne spazientito. «Perché invece non mi racconta delle sue molteplici attività?»

«Mi faccia almeno parlare di quando l’iniziato incontra altri refrattari come lui!»

«Preferisco le attività!»

«Vuol sapere cosa faccio nel tempo libero?»

«Anarchiche… Solo un paio!»

«Sminuirei le altre. E poi non è la singola azione che conta, ma la scelta etica che le guida!»

«Perché avete un’etica voi bombaroli?» crocchiò Manganello.

«Ne ho già parlato all’inizio. Ricordate? L’etica anarchica poggia su due colonne. La prima è l’antiautoritarismo. La seconda è che vogliamo una società in cui libertà ed eguaglianza siano sempre in armonia

«Manganello prenda appunti!». Il PM lo redarguì vendendolo distratto.

«Scrivo sul tavolo?». Il maresciallo sventolò irruentemente i fogli riempiti con buffi disegni agresti.

Attendemmo tornasse dal bagno con un rotolo di carta igienica.

«Per l’anarchico che cosa sia giusto e morale è nell’aria che respira3. Quando si imbatte in un’ingiustizia, istintivamente si identifica con chi la subisce e da en dehors, da fuori dal mondo4 alla ricerca del profondo, nativo rapporto con la libertà5, si impegna per eliminarla.»

«Può essere più chiaro?»

«L’anarchico si identifica nella reazione al sopruso: il rifiuto categorico di un’intrusione giudicata intollerabile, che lo conduce alla sensazione di avere in qualche modo, e da qualche parte, ragione, lo porta a reagire. E nella ribellione vive la propria essenza: l’uomo che dice no dice anche sì fin dal suo primo muoversi afferma Camus6».

«Apprezzo il suo entusiasmo». Pottutto mi disinnescò. «Ma riusciamo ad arrivare al dunque prima che sia l’ora di cena?»

«Perché, ha fretta?»

«Vorrei passare al supermercato prima di rincasare!». E per giustificarsi mostrò il messaggio intimidatorio inoltrato dalla moglie.

«La lotta è il compimento etico dell’iniziazione anarchica. Pensiero e azione! Una lotta intellettuale attraverso la critica serrata e praticata mediante l’azione. Col pensiero si erode il sistema, con l’azione si dissolve l’ingiustizia e si crea una realtà in cui essa non possa germinare.»

«Poche chiacchiere, siete solo dei criminali!» rilevò Manganello caustico.

«Su questo non ci sono dubbi!» dissi. «L’anarchia è sempre presente quando il potere costituito crea iniquità, quando sorgono situazioni di scontro, le grandi eruzioni sociali che hanno un carattere imprevedibile e si presentano come eventi spontanei, in cui le persone reagiscono a ciò che avvertono come un’ingiustizia, un’aggressione, un abuso del presente7. Si chiami potestà, religione, monarchia, statalismo, burocrazia, tecnocrazia, scientocrazia, per reagire al dominio occorre violare le sue regole, quindi diventare criminali

«Non ha motivo di esaltarsi tanto!»

«E invece sì. Perché nel momento in cui il ribelle prende coscienza che la norma legittima l’ingiustizia, che senza di essa non ci sarebbe arbitrarietà e iniquità ma volontaria armonia, negarla è praticare la giustezza. E negare la norma, quindi essere quanto un criminale comune, come Hanna Arendt8 chiamava il disobbediente, lo esalta e lo realizza al contempo a prescindere dal disprezzo, dalla derisione, dall’emarginazione, dall’inevitabile persecuzione e repressione a cui lo sottoporrà il Potere. Ecco perché deve passare nel bosco9 per attuare la sua etica. La sua lotta è occulta, fuggevole, impercettibile, tuttavia non meno efficace. Appare, colpisce, sparisce come un guerrigliero.»

«Non ho capito» borbottò Manganello. «Sta dicendo che gli anarchici sono boscaioli?»

Sghignazzarono scambiandosi pacche, ammicchi, spintarelle.

Non sapendo che fare, infransi la loro stolta ilarità con un rutto.

 

NOTE

 

– 1 Prometheus, film di Ridley Scott, 2012.

– 2 Errico Malatesta, in Umanità Nova, pubbl. 10.8.22).

– 3 Ernst Jüngher, Trattato del ribelle, ivi.

– 4 Emile Armand, L’iniziazione individualista anarchica, ivi.

– 5 Ernst: Jüngher, Trattato del ribelle, ivi.

– 6 Albert Camus, L’uomo in rivolta, ivi.

– 7 Tomas Ibáñez, L’anarchia nel mondo contemporaneo, 2022.

– 8 Hannah Arendt, Disobbedienza civile, ivi.

– 9 Ernst Jünger, Trattato del ribelle, ivi.

 

Editing a cura di Costanza Ghezzi.

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